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Posta elettronica del dipendente e privacy

La gestione delle e-mail in ambito lavorativo è una questione complessa e delicata, nella quale si inseriscono non solo le norme in materia di privacy, ma anche quelle giuslavoristiche e penalistiche.


Il contenuto dei messaggi di posta elettronica, come anche i dati esteriori delle comunicazioni e gli eventuali file allegati sono, a tutti gli effetti, una forma di corrispondenza privata, costituzionalmente tutelata dagli artt. 2 e 15 Cost. Le comunicazioni sono riservate e inviolabili; chi viola questo precetto è punibile penalmente (art. 616 Codice penale).


Jobs Act e controllo delle e-mail

L’art. 4 del Jobs Act ha introdotto la possibilità per il datore di lavoro di adottare forme di controllo a distanza sui luoghi di lavoro, compresa la consultazione delle comunicazioni elettroniche dei dipendenti.
Tuttavia, tale controllo non è indiscriminato; il datore di lavoro, infatti, deve verificare la sussistenza di un idoneo presupposto di liceità prima di effettuare trattamenti di dati personali dei propri lavoratori.
 Inoltre, il datore di lavoro dovrà informare preventivamente i dipendenti dell’esistenza del controllo a distanza, compresa quindi la possibilità di essere monitorati nelle loro comunicazioni elettroniche. A tal fine si evidenzia che, in ogni caso, il controllo può essere effettuato soltanto su dispositivi forniti dal datore di lavoro, come il pc o il telefono aziendale e non invece su quelli personali.
 Dovrà, dunque, essere verificata in prima battuta, la sussistenza dei presupposti di liceità stabiliti dall’art. 4 della L. 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) cui fa rinvio l’art. 114 del vigente Codice Privacy, come anche il rispetto delle disposizioni che vietano al datore di lavoro di acquisire e trattare informazioni non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del dipendente o afferenti alla sua sfera privata (art. 8 della L. 20 maggio 1970, n. 300 e art. 10 D. Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, cui rinvia l’art. 113 del Codice).
 In sostanza, il datore deve assicurarsi che i dati personali dei propri dipendenti vengano trattati soltanto per scopi specifici e leciti, e che vangano conservati per il tempo strettamente necessario a conseguire tali scopi.
 Come detto sopra, quando si parla di dati personali riferiti alle e-mail, però, non si parla solo del contenuto delle stesse, ma anche dei c.d. metadati (ovvero quelle informazioni sui dati stessi, come l’orario di invio e ricezione della stessa, i mittenti, i destinatari, l’oggetto e la dimensione delle mail, ecc.); tutte informazioni che possono essere utilizzate per analizzare il comportamento degli utenti e il flusso delle loro comunicazioni e che rientrano in pieno nel novero dei dati personali soggetti alle disposizioni normative di cui sopra. 


Posta elettronica in cloud

Ci si è resi conto che alcuni programmi e servizi informatici per la gestione della posta elettronica, commercializzati da fornitori anche in modalità cloud, sono spesso configurati in modo da raccogliere e conservare – per impostazione predefinita, in modo preventivo e generalizzato – i metadati relativi all’utilizzo degli account di posta elettronica dei dipendenti. Tale trattamento, però, non sarebbe conforme alla normativa di riferimento e comporta, in capo al datore di lavoro, una responsabilità sia di tipo amministrativo che penale. 
Il tema in oggetto è talmente delicato, complicato ed attuale, da aver portato proprio il Garante per la protezione dei dati personali a pronunciarsi in merito. Nel tentativo di disciplinare in maniera chiara e ordinata ogni aspetto della questione, infatti, il Garante ha adottato un documento di indirizzo denominato “Programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica nel contesto lavorativo e trattamento dei metadati” (Provv. N. 642 del 21.12.2023) rivolto ai datori di lavoro, del quale tratteremo nello specifico in uno degli articoli di prossima pubblicazione.

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